Manco dalle pagine di Energie 9 da
svariati mesi, e anche se le malelingue m’hanno raccontato pigro e preso
dall’atarassia v’assicuro che quest’assenza è la conseguenza di una
ricerca spasmodica di progetti degni di nota provenienti dal panorama
indipendente italiano, certo, le proposte in redazione non mancano mai,
ci sono sempre un sacco di gruppi che s’accalcano per far sentire l’ep
di cinque brani LoFi ricchi di testi semplici e rotondi e per questo
funzionali ma io, in questo momento così florido per il cantautorato
spicciolo, volevo qualcosa di diverso e perciò giù a cercare nei meandri
della rete, nei festival più improbabili, alle serate meno hypate. La
ricerca è stata faticosa e malpagata visto che dopo tanto girare ho
scoperto il gruppo che m’ha dato soddisfazione proprio dietro casa, dico
così perché i Preti Pedofili (da ora PP n.d.a.) sono di Foggia, proprio
come il sottoscritto. Un nome che sembra scelto apposta per non vendere
né girare, vista l’impossibilità di indicizzazione su browser e social,
un genere difficile che definirei un misto fra postock, doom e sludge
che non aiuta e quella passione per interventi di spoken che fa storcere
il muso ai cultori della musica pura. I Preti pedofili sembrano fatti
apposta per non essere, e così sarebbe se infondo a tutti questi
presupposti d’autodistruzione non ci fosse altro, l’altro è una capacità
compositiva che va ben oltre le aspettative, i PP sono a soli due ep
pubblicati un progetto maturo e concerto, i testi ricchi di citazioni e
rimandi racchiudono un sentimento nichilista e pesante che si sposa
perfettamente coi costrutti musicali, vere e proprie stanze che dalla
cuffia entrano in testa e arredano al meglio il cranio del fruitore per
prepararlo a quella messa che è “Golem” come anche “Faust”. Le due
opere prime, sono uscite a poca distanza l’una dall’altra e sono
ispirate all’espressionismo tedesco. Per questo pezzo faccio le
chiacchiere con Andrea Strippoli, frontman, voce e testi dei PP oltre
che uomo vecchio nel corpo di un poco più che ventenne, alla sua
veneranda età infatti è già stato sparato, sequestrato, sfrattato da
case non sue ed altre storie che non riguardano questa:
Preti Pedofili, un nome
apparentemente “cheap”, poi si da un occhio a testi ed intenzioni e si
scopre che pedofilo è l’uomo sulla natura e quindi il nome rimanda ad
una metafora amara, parliamone.
Personalmente sono rimasto abbastanza
colpito dalla lettura di Cioran, che tra l’altro ho scoperto e
approfondito in un periodo in cui alcune esperienze significative mi
hanno segnato profondamente. Ho provato con forza a immergermi nella
lotta per il riscatto delle classe più deboli. Ho scoperto un mondo che
idealizzavo perché non conoscevo. Ho conosciuto il male dell’uomo ai
livelli più infimi. Barboni che derubavano ragazzi per comprarsi uno
spinello o una bottiglia di amaro. Possiamo stare fino a domani a
discutere sulle cause di questo male, ma gli esiti sono inequivocabili.
L’umanità è marcia, dalla testa ai piedi. Le gerarchie esistono e sono
sempre esistite perché è il modo stesso in cui l’uomo tende ad
organizzarsi, mentre la storia che pochi cattivoni potenti opprimono il
99% delle persone è una favola, inventata ad arte. La metafora della
pedofilia rimanda appunto a questo. Uno stupro continuo perpetrato
dall’uomo nei confronti della verginità della natura. Quest’ultimo
termine non inteso in senso ambientalista, ma ontologico.
Parliamo dei testi,
un’esistenzialismo che permea tutto il concept di “Golem” e “Faust” i
vostri due primi Ep, quanto c’è di autobiografico nella stesura? C’è una
volontà precisa di sopperire alla mancanza in un mercato sempre più
votato alle “Velleità” e sempre meno agli “Inviti al massacro” o
semplicemente i PP sono così e trascendono quello che è l’attuale
panorama musicale indipendente italiano?
Di autobiografico c’è tutto. I testi dei
Preti Pedofili sono stati scritti prima della composizione della
musica. Hanno una loro vita autonoma e una loro musicalità. Il nostro è
un progetto che fonde rock e letteratura, mantenendo ben distinte le
peculiarità dell’una e dell’altra arte. In questo senso preferiamo a
volte che i testi vadano a ritagliarsi dei loro sporadici e precisi
momenti all’interno del brano, il quale quasi si ferma per lasciare
spazio alla parola. Per quanto riguarda la seconda parte della tua
domanda, ci rendiamo conto della demenza che ottenebra le menti della
nostra generazione e della musica di merda che gira. Ci rendiamo anche
conto che non vogliamo avere niente a che fare con quel mood. Quindi è
inevitabile che a volte tendiamo a definirci per antitesi, ma in
sostanza quello che scriviamo rappresenta realmente quello che siamo,
quello che ascoltiamo e quello che abbiamo vissuto.
Che ne dici di spendere qualche
riga/parola a favore di Golem e Faust, raccontameli un po’, quali le
esigenze che li hanno portati alla luce, dove c’è comunanza e dove
invece i lavori si diversificano a vostro avviso?
Golem è il nostro disco di esordio. Ha
una genesi rapidissima. Noi praticamente siamo nati a settembre 2012, a
novembre abbiamo fatto uscire il nostro disco d’esordio. Avevamo urgenza
di esordire con un qualcosa di tangibile, di proporci dal vivo solo ed
esclusivamente dopo aver prodotto il nostro materiale. In questo senso
si capisce come brani come Venia e La scelta siano di stesura precedente
rispetto a Idios Synkrasis e Holdings, così come allo strumentale
(E)met, i quali rappresentano al meglio l’idea che sta alla base del
nostro sound. Ritmiche spezzate e ridondanti, basso ispirato al drone,
chitarre volatili, evanescenti, ma allo stesso tempo inquietanti e
taglienti. All’interno di queste strutture, la voce, decantata, si
staglia come un monito, attraverso brevi aforismi isolati ma funzionali
al contesto. Un’identità che abbiamo saputo definire al meglio con
Faust, nostro secondo ep, il quale porta a compimento questa
dichiarazione di intenti attraverso una sperimentazione più matura e una
maggior precisione in fase di registrazione. In definitiva i due ep
potrebbero essere tranquillamente un unico album, essendo stati
rilasciati a soli sei mesi di distanza l’uno dall’altro. Ciò che li
diversifica appunto è la consapevolezza, maggiore nell’ultimo lavoro,
della direzione che volevamo intraprendere.
Fate ormai da sei mesi da
padrini a quello che è diventato il festival pirata più bello di sempre
in Capitanata, sto parlando del Foggiapalooza, ospiti più o meno noti,
gente ubriaca e musica senza sconti, ti va di parlarne o hai paura ad
indicizzare l’argomento, cosa che potrebbe attirare l’attenzione delle
forze dell’ordine?
Guarda, a noi piace il mondo
dell’underground e dell’autorganizzazione. Odiamo invece il mondo delle
agenzie di promozione, il mondo delle etichette farlocche, il mondo
delle sale di incisione. L’unico aspetto positivo della nostra epoca è
che tutti possono creare e diffondere il proprio materiale a costo zero.
Tutti dovrebbero farlo. Da questo punto di vista noi abbiamo fatto
ancora di più, spingendo per la creazione di un festival là dove nulla è
mai esistito, a Foggia, la città più merdosa d’Italia. C’è da dire che
inaspettatamente abbiamo trovato terreno fertile attorno a noi, tanti
ragazzi e ragazze che aspettavano solo che qualcuno lanciasse un segnale
di cambiamento. Il senso del Foggiapalooza è appunto questo: riscatto,
cambiamento, una dimostrazione concreta che dalla merda nascono i fiori.
Inoltre la soddisfazione più grande sta nel fatto che tutte le serate
finora andate in scena hanno proposto delle band di grande interesse,
senza mai abbassarsi alla logica consumistica di far suonare gruppetti
pop o cover band. Stiamo spingendo in direzione ostinata e contraria e
nonostante ciò stiamo ottenendo risultati. Questo ci rende davvero fieri
e ci spinge ad andare avanti e a crescere ulteriormente.
A proposito di forze
dell’ordine, intese come agenti sociali superiori e non per forza come
soli carabinieri et simili, siete degli anarchici incazzatissimi,
l’abbiam capito, però una cosa non mi è chiara, in alcuni testi avete
una chiara repulsione per le forze dell’ordine (La scelta), eppure in
altri (per esempio La sera del 15 Ottobre) ne descrivete l’ineluttabile
condizione di agenti superiori in una sorta di apparentemente caotico e
realmente consequenziale darwinismo sociale. Quindi, la domanda in
soldoni è, i PP accettano nichilisticamente il caos o combattono una
natura meschina con una cultura brutale?
Sono testi scritti in periodi
completamente diversi della mia vita e pertanto rispecchiano pensieri
diversi. La scelta parla dell’occupazione della Striscia di Gaza. La
sera del 15 ottobre, invece, della celebre manifestazione del 2011.
Quindi nel primo brano non è tanto il discorso delle “forze
dell’ordine”, quanto di una forza occupante. Nella sera del 15 ottobre
le forze dell’ordine tirate in causa sono molteplici. Non solo gli
sbirri, ma anche e soprattutto i sindacati, le associazioni
studentesche, i movimenti tematici, i partiti, i gruppi organizzati e
tutte quelle realtà che fanno di un momento di ribellione un vero e
proprio slogan, una strategia di marketing, che di fatto li consacra e
li definisce all’interno dell’agone politico come unico megafono
riconosciuto. Purtroppo invece la moltitudine (come spiega Toni Negri) è
qualcosa di indefinibile, di liquido, e pertanto la situazione può
facilmente sfuggire di mano, come appunto accaduto in quel fatidico 15
ottobre, con episodi di violenza che sono andati ben oltre le previsioni
degli organizzatori della solita manifestazione/parata.
Domanda gossippona, così col
dissing fate visualizzazioni un po’ come i The Giornalisti, di tutto
quello che è lo spropositato panorama indipendente italiano, dove per
indipendente parlo di autoproduzioni e piccole case discografiche, quali
sono secondo te i migliori e i peggiori, chi è valido ma in sordina e
chi invece è assolutamente sopravvalutato? Naturalmente giustifica le
tue scelte.
Lo scorso luglio si è tenuto al Forte
Prenestino di Roma il Nolebol festival. In quel contesto hanno suonato
numerose band che conosco e che mi piacciono. Diciamo che quel modo di
fare, quel modo di essere “indipendente”, è quello che apprezzo di più.
Nel senso: mi fanno ridere i gruppi indipendenti che passano il tempo a
mandare mail a case discografiche nella speranza di essere prodotti. Non
è più vera quella storia che fai il disco, suoni dal vivo e poi arriva
il talent scout che ti porta al successo planetario. Ammesso che lo sia
mai stata. Oggi nasci indipendente e muori indipendente. Così come il
mainstream si forma i suoi prodotti attraverso i talent show televisivi.
Sono due circuiti chiusi e in conflitto tra di loro. In quel senso il
giro del Nolebol mi piace, perché rivendica la propria identità e su di
essa ci costruisce qualcosa di grandioso. Per me loro sono un modello.
Di conseguenza odio tutti quei gruppi che invece fingono di essere
indipendenti e invece mangiano alla grande nel piatto delle etichette,
più o meno grandi che siano, e delle agenzie di promozione. Odio i Sick
Tamburo e gli Stato Sociale, ad esempio, che tra l’altro oltre ad essere
strapompati da squadracce di venditori, fanno anche schifo
musicalmente. Mi sta relativamente sul cazzo anche il giro dei
cantautori alla Dente, Luci della Centrale Elettrica, Benvegnù e roba
così. Non sopporto nemmeno Agnelli, gli Afterhours e i suoi amichetti.
Diciamo che la mia gobba dell’odio è molto grossa, quindi preferirei
finirla qui, per non dilungarmi troppo.
Progetti futuri?
Nel rimandarti al nostro aggiornatissimo blog http://pretipedofiliband.blogspot.com,
ti dico che siamo in una fase abbastanza produttiva. In realtà
produciamo in continuazione roba, essendo questa la ragione principale
per cui esistiamo come gruppo. Speriamo di chiudere entro la fine del
2012 uno split album con una band della nostra stessa città, i Nastenka
aspetta un altro, con la quale condividiamo un determinato approccio
letterario alla musica moderna. Inoltre siamo già all’opera per il
nostro terzo disco che si intitolerà L’Age d’Or, dal capolavoro di
Bunuel e Dalì del 1930. Avrai sicuramente notato che l’immaginario dei
nostri album trae spunto dai film muti del primo dopoguerra. Abbiamo
deciso di continuare su questa strada, abbandonando però
l’espressionismo tedesco per il surrealismo francese e spagnolo. In
questo senso anche le nostre sonorità subiranno delle metamorfosi
significative.
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